Davide Fassi, docente alla Scuola del Design del Politecnico, è uno dei “padri” di Coltivando. «L’esperimento è partito nel 2012 – ci ha raccontato quando lo abbiamo incontrato al campus di Durando-Bovisa – tramite un processo dal basso, aiutato competenze dell’università. Gli studenti hanno individuato dieci azioni per stimolare le relazioni di vicinato e poi hanno coinvolto i cittadini della zona per testarle. Fra tutte, la preferita è risultata quella dell’orto urbano».
Sperimentazione
Da lì è partito un percorso di co-progettazione che ha coinvolto decine di persone e messo alla prova la fantasia dei giovani designer dell’università: «Le parole chiave su cui abbiamo lavorato sono state due: sperimentazione e convivialità. Da lì, abbiamo iniziato a organizzare questo spazio di circa 900 metri quadri con un sistema di irrigazione, box per la coltivazione e una compostiera». Quest’ultimo elemento è stato uno dei primi agganci per attivare i cittadini: «La raccolta dell’umido in quest’area non veniva fatta, così abbiamo organizzato un punto di conferimento del materiale per il compost, che viene portato dai residenti e poi impiegato nell’orto».
carciofi
«Il bello di questo progetto è che è nato dal gruppo, in maniera spontanea», ricorda Tommaso Grassi, ortista e collaboratore di Coltivando. La condivisione delle esperienze è un aspetto fondamentale, visto che la Scuola di Design del Politecnico non si occupa di alcuna materia legata al mondo agricolo. «Come azione di gruppo era la prima di volta che ci cimentavamo in queste attività, ma qualcuno aveva competenze specifiche, come Agostina, che è agronoma, o Pasquale, esperto di metodi di coltivazione».
Frutto di una partecipata discussione è stata anche la scelta di utilizzare metodi di coltivazione del tutto naturali, senza ricorrere a prodotti chimici o sintetici. «All’inizio abbiamo fatto alcuni errori dovuti all’inesperienza – ricorda Davide –, ma siamo sempre stati convinti della scelta di ricorrere a tecniche colturali spontanee».
Convivialità
In tutto il suo percorso di nascita e sviluppo, Coltivando non ha mai perso di vista il suo obiettivo principale, ovvero creare uno spazio di aggregazione, socialità e scambio a disposizione degli studenti e degli abitanti del quartiere. «La frequentazione è molto eterogenea e questo è uno dei punti di forza. Durante la settimana ci sono più studenti, mentre il sabato prevalgono i residenti». La produzione agricola è partecipata e condivisa e anche questo rafforza i legami.
C’è anche una intensa programmazione di eventi che ruotano intorno al campus Bovisa e che hanno lo scopo di creare e rafforzare i legami con le altre realtà che operano nel quartiere. «Abbiamo ideato un ciclo di incontro chiamati “Il sabato della Bovisa” in cui abbiamo coinvolto, per esempio, de.de.p, che si occupa di design partecipato, la biblioteca del quartiere per un book-crossing corner o la parrocchia, con cui abbiamo organizzato uno swap party di vestiti». Anche attività non strettamente legate alla gestione degli orti quindi, come “Ricuciamo Bovisa”, un laboratorio sartoriale, la “Sveglia all’ovale” con il Qi gong oppure il momento dedicato ai più piccoli “Baby Coltivando”.
Milano cambia…
Quello degli orti urbani a Milano, e in particolare di Coltivando, non è che uno degli indicatori di un percorso di trasformazione che sta cambiando il volto del capoluogo lombardo. «Milano cambia, mai come in questi ultimi anni», sottolinea Davide in proposito. «Ci sono mutamenti evidenti e spontanei nelle persone, che ora manifestano il bisogno di stare insieme. Non c’è più una folla solitaria, ma una città che partecipa».
Secondo Tommaso, «quello che stiamo vivendo ci sta insegnando una grande lezione, cioè che la partecipazione dal basso può creare un’alternativa alle problematiche di oggi». In design esiste un elemento chiamato “componente soft”, legato alle cose non fisiche. «Proprio questo elemento – conclude Davide – è alla radice del cambiamento: nelle persone, nelle relazioni, nel modo in cui si incontra l’altro».