“Ho incontrato Marco in un bar della bellissima piazza principale di Parma. Qui discutiamo di casta e anticasta (1), Comuni virtuosi e politica vergognosa. Il suo tono nella conversazione rimane controllato, ma dai suoi occhi e dalla sua gestualità traspaiono passione, stanchezza, delusione, speranza. Cominciamo dall’inizio. Che cos’è un Comune virtuoso? «Intanto una precisazione: i Comuni virtuosi non esistono! Esistono decine di amministrazioni che stanno sperimentando, su tematiche specifiche, singole azioni particolarmente lungimiranti e all’avanguardia, che mirano a una sostanziale riduzione dei consumi e dell’impatto sull’ambiente.
Esiste però un’idea di Comune virtuoso, frutto di una raccolta di buone prassi ormai enorme, che ci spinge a delinearne l’identikit. Un Comune virtuoso, dunque, agisce su cinque livelli di intervento, che sono poi le categorie del nostro Premio nazionale: gestione del territorio, impronta ecologica, rifiuti, mobilità, nuovi stili di vita. Per ognuna di queste categorie esistono ormai esperienze consolidate a dimostrazione che è possibile, e conveniente, intervenire a favore dell’ambiente invertendo la rotta di un modello di sviluppo divenuto insostenibile e distruttivo.
L’Associazione dei Comuni virtuosi nasce nel maggio del 2005 su iniziativa di quattro enti locali: Monsano (AN), Colorno (PR), Vezzano Ligure (SP) e Melpignano (LE), che si ritrovarono quasi per caso ad Alcatraz da Jacopo Fo. È nato tutto da una chiacchierata dove abbiamo capito che nei nostri territori stavamo realizzando politiche importanti. Ci siamo detti: perché non trovare un modo di tenerci in contatto? Ed è nata l’Associazione. In poco tempo il numero di Comuni iscritti è aumentato notevolmente, dimostrandoci che i nostri progetti possono essere applicati ovunque e in qualunque contesto.»
Ma quali gli obiettivi raggiunti e quali quelli da raggiungere? «Credo che in questi anni sia passato il messaggio della possibilità di un’alternativa nel modo di amministrare le nostre città e territori locali: non più solo la logica delle grandi opere, degli inceneritori, dei centri commerciali e del cemento a tutti i costi. Resta da lavorare ancora molto perché le esperienze di qualche decina di Comuni italiani possano diffondersi come un virus positivo negli oltre 8000 Comuni presenti sul territorio nazionale».
Gli chiedo se, per cambiare la politica, sia sufficiente partire dal basso, dai comuni, o bisogna puntare al parlamento. «Noi siamo partiti dal basso, crediamo sia l’unica strada oggi percorribile. Certo sarebbe fondamentale, in questo momento, poter contare su un parlamento “complice”, che mette in campo leggi, incentivi e sostegno per le nostre azioni locali. Invece accade l’esatto opposto…»
In effetti, girando il Paese ho scoperto che i Comuni delle piccole città sono spesso amministrati da persone oneste, che prendono stipendi bassissimi – in molti casi sotto i 1000 euro – e che si ritrovano a dover gestire la rabbia delle popolazioni pur essendo impotenti. «Non solo! Spesso, a causa delle leggi dello Stato, noi non possiamo pagare le imprese a cui abbiamo affidato i lavori, e diventiamo quindi complici del disagio diffuso. Le famiglie vengono a chiederci sussidi, le richieste di sfratti sono aumentate. Se si vuole risollevare l’economia bisogna ridare spazio alle iniziative locali, valorizzare chi sta tutti i giorni sul territorio e punire, invece, quei Comuni che si indebitano in modo grossolano.»
Esiste anche un premio. «È il Premio Comuni virtuosi. È nato per far emergere, valorizzare e premiare quei sindaci che si battono ogni giorno, tra mille problemi, e che riescono, con un po’ di fantasia e tanta buona volontà, a dar vita ad azioni virtuose che mettono in discussione questo assurdo modello di sviluppo! Arrivati a questo punto, a fianco dell’annunciazione delle buone prassi, è necessario sperimentare strumenti e percorsi di formazione permanente che rendano più semplice la replicabilità concreta dei progetti in atto. Molte amministrazioni ci chiamano e la scuola si sta rivelando uno strumento molto utile. Uno dei nostri principi è riassumibile nello slogan “vietato non copiare”: è fondamentale studiare le politiche che hanno funzionato e provare a riportarle nel proprio territorio.»
Provo a chiedergli se è ottimista per il futuro di questo paese. «Sono ottimista perché vedo e incontro ogni settimana, in giro per l’Italia, centinaia di persone per bene, esperienze incredibili e vincenti. Il cambiamento è inarrestabile, lento ma (a mio avviso) invincibile.»”.
Già, il cambiamento è lento, diceva Marco nel 2013. Due anni dopo intorno alla lentezza ci ha costruito un meraviglioso Festival, tra concerti di Capossela, performance di Celestini e Travaglio, interventi di Sindaci, professionisti, giornalisti, urbanisti e molto altro ancora. Lento e inarrestabile. Grazie a gente come lui. Grazie a gente come te, che stai leggendo questo pezzo e che proprio oggi puoi decidere di cambiare le cose.