Lorella è attivista, documentarista e scrittrice e nel 2008 ha pubblicato “Il corpo delle donne”, dando inizio al cammino che descriviamo oggi. Lo ha fatto parlando di un tema fondamentale, che Cesare, suo compagno di viaggio, definisce «uno strumento ideologico potentissimo, che si irradia anche in altri campi», riferendosi all’uso che viene fatto in televisione del corpo femminile. Da un breve documentario è nata una grande onda di cambiamento: più di cinque milioni di persone hanno visitato il video postato su Youtube, ma soprattutto hanno cominciato a montare interesse e coinvolgimento all’interno di un ambiente che Lorella e Cesare avevano e hanno molto a cuore, in direzione del quale è orientata buona parte del loro lavoro: quello giovanile, scolastico e universitario.
«Ci siamo resi conto che c’era un disagio fortissimo, quasi più fra i maschi – racconta Lorella. Però mi sono accorta dagli sguardi di ragazzi e ragazze che c’era anche voglia di fare. Un’urgenza era liberare la donna dalla gabbia dell’immaginario collettivo, l’altra era non far perdere la speranza, perché quando entri nella scuola e trovi un sedicenne che ti dice “ormai cosa si può fare?”, ti rendi conto che questa è la priorità». Ma è troppo facile dire che i ragazzi sono il nostro futuro, scaricare su di loro l’intera responsabilità di far crescere loro stessi e il mondo che li accoglierà, già corrotto e compromesso dalle generazioni precedenti. Per questo motivo, la visione su cui Lorella e Cesare hanno impostato il loro lavoro è differente: «In particolare la generazione che sta arrivando, ha tutto per potercela fare, ma le manca l’autorizzazione, empowerment per dirla con un termine brutto ma efficace. Hanno bisogno che noi, generazioni precedenti, diciamo loro: “Ce la potete fare!”. In questo modo si ottengono risultati incredibili».
Così è nato “Senza chiedere il permesso”, che non è solo il titolo di un libro, ma molto di più. È un modo per approcciarsi ai giovani – quindicenni, ventenni, venticinquenni – con umiltà e fiducia. L’umiltà di riconoscere la loro spinta positiva e propositiva, ben più vigorosa di quella che possono offrire i trenta/quarantenni. La fiducia per offrire loro un appoggio incondizionato, una piattaforma da cui spiccare il volo. Stupendo spesso anche noi “grandi”. «Io cambierò il mondo, però sono ancora piccola e ho bisogno di gente che mi dia una mano per qualche anno», ha detto una volta a Lorella e Cesare una ragazza di un liceo in cui erano andati a parlare.
Proprio questo è l’obiettivo dell’esperimento di media education “Nuovi occhi per i media”: visitare scuole, associazioni, università per conoscere i ragazzi e fornire loro gli strumenti per relazionarsi con i mezzi di comunicazione di massa. «Lo sappiamo tutti: i mass media sono una risorsa eccezionale e hanno un potere immenso – spiega Cesare, che ha alle spalle anni di esperienza professionale nel mondo della televisione. Quello che mi colpisce è che, molto più di quando ero ragazzo, adesso è diventato normale accettare quello che arriva dall’alto – dalle grandi aziende, dai grandi trend culturali – senza farsi delle domande e senza cercare qualcosa di diverso. Ma ci siamo anche resi conto che quando spieghiamo ai giovani come funziona una tecnologia o un linguaggio, automaticamente loro vengono pervasi da una creatività, un approccio, uno sguardo diversi».
In una parola, acquisiscono consapevolezza. E imparano a usare in maniera positiva uno strumento potentissimo. Ma migliorare la percezione del mezzo mediatico da parte di giovani e meno giovani non basta, è necessario cambiare il messaggio e il modo di comunicarlo. «Noi diciamo sempre che ci sono due strade parallele da percorrere: da una parte lavoriamo perché i ragazzi non siano mai soli davanti alla visione delle immagini, dall’altra non ci stanchiamo mai di chiedere un’altra televisione. Quello che ci stupisce è che quando andiamo nelle scuole molti ci dicono che la TV è così e basta, come se fosse un totem immutabile».
Il corpo della donne, Senza chiedere il permesso, Nuovi occhi per i media. Tre dita della stessa mano, che Lorella e Cesare tendono verso i ragazzi e le ragazze di oggi, il vero motore del cambiamento. Lo fanno andandoli a trovare nelle scuole in cui studiano, parlando loro, ascoltando ciò che dicono. E a volte rimangono stupiti loro stessi. «È vero che conosciamo giovani che passano fino a otto ore al giorno a contatto con i media – TV, social network, videogiochi, smartphone. Ma è anche vero che si trovano in un’età in cui il terreno seminato produce frutti con estrema facilità. Tutto sta nel gettare i semi giusti». Il messaggio è chiaro: non sottovalutiamo i nostri ragazzi, non trattiamoli come pelandroni da mettere in riga, né come alunni da indottrinare. Ascoltiamoli, stimoliamoli e supportiamoli. Ci stupiranno.
Anche nei confronti delle questioni poste trattate da “Il corpo delle donne” si sono dimostrati maturi e consapevoli: «Inizialmente ci rivolgevamo prevalentemente alle ragazze, ma col tempo ci siamo accorti che anche da parte dei ragazzi c’era e c’è una grandissima sensibilità. Molti hanno scelto il tema della mercificazione del corpo femminile per le loro tesine di maturità e tesi di laurea». Così svegli da non subire l’influsso di una società iper-tecnologizzata, così maturi da padroneggiare argomenti complessi e delicati. I nostri giovani ci stupiscono davvero.
In conclusione, Lorella ci svela l’ingrediente segreto dei suoi strumenti di comunicazione, l’elemento che funge da attivatore e fa sì che la lettera non rimanga morta ma inneschi un’azione, un cambiamento. «È l’intenzione. Le immagini e le parole sono quelle, ma io le carico della mia forte volontà di smuovere le persone. Quando ho registrato la battuta “di che cosa abbiamo paura, perché non reagiamo?”, l’ho provata e riprovata innumerevoli volte, perché attraverso il tono, la cadenza, l’impostazione giusta della voce volevo trasmettere l’intenzione. Non ho detto “avete” ma “abbiamo”, perché lo spettatore e io siamo insieme ad attivarci per provare a cambiare. È ciò che noto anche nelle scuole, fra i giovani: non importa solo il contenuto del messaggio, ma anche l’intenzione con cui lo trasmettiamo. È un aspetto quasi magico del modo di comunicare, capace di passare anche attraverso lo schermo. È preziosissimo e lo possediamo tutti, soprattutto noi donne, ma a volte ce ne dimentichiamo. Bisogna crederci fortissimamente».